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ARCHEOLOGIA

Come parlò l’HOMO ERECTUS: quando è nato l’uso del linguaggio?

Si pensa a una nuova ipotesi sul linguaggio : sarebbe già stato presente 1,6 milioni di anni fa negli ominidi della specie  Homo Erectus.

Nel corso degli anni la nascita del linguaggio si considera una tappa molto importante. Il linguaggio ha permesso di astrarre il “discorso” quando  questi oggetti non c’erano , per fare riferimento al passato  o ad azioni future , gli ominidi potevano condividere  il pensiero e l’immaginazione. Sui tempi però di questo cambiamento importantissimo non c’è accordo fra gli studiosi archeologici . Alcuni di loro affermano che la comunicazione è una novità moderna, non più lontana di 150.000 anni e si può far riferimento all’homo Sapiens . Altri invece considerano la comunicazione come la risposta di un processo più lento partito molto tempo fa. 

Ora un saggio dell’archeologo britannico Steven Mithen, The Language Puzzle (ed Faber and Faber), colloca l'inizio delle comunicazioni 1,6 milioni di anni fa , quindi con l’Homo Ergaster. In quel periodo successero tante cose che aiutarono al cambiamento delle comunicazioni . Salirono a galla i bifacciali, oggetti in pietra che non solo esprimevano il significato di simmetria, ma chiedevano una comunicazione più difficile per tramandare come si realizzavano. Il solito bifacciale era l’amigdala, uno tipo di ascia per fare molte cose, con due lati uguali e a forma di mandorla. In più, da semplici spazzini che prendevano la carne di giganteschi animali già deceduti, gli ominidi erano diventati abili predatori che facevano la caccia organizzata. La comunicazione era quindi indispensabile per programmare e coordinare la caccia.

Se 2 milioni di anni fa il loro cervello aveva all’incirca le dimensioni di quello degli scimpanzè, da 2 a 1,5 milioni di anni fa la corteccia frontale diventò più grande, così dai 500 cm cubi degli Australopitechi si era arrivati ai 900 del genere L’ Homo un cervello grande il 75% del nostro.

L’altra concomitanza importante è che intorno a 1,6 milioni di anni fa gli uomini del genere Homo che migrarono ebbero bisogno di un linguaggio comune per organizzarsi.

Per costruire e per navigare il linguaggio era necessario, ma il linguaggio  è stato una conquista graduale e non un’improvvisa illuminazione.

Il linguaggio dell’Homo Erectus era ancora caratterizzato da gesti che accompagnavano le parole: potevano cambiare di significato a secondo del tono della voce. Le parole onomatopeiche furono quasi certamente tra le prime pronunciate. ”Boom e Crack” per nominare un fulmine e qualche cosa che si rompe.  Nel caso in cui si usassero  parole non solo onomatopeiche si ricorreva all’unione di due termini: l’anatra selvatica, per esempio poteva essere chiamato “uccello-acqua”.

 KEVIN CANCEMI - GIANPAOLO D’ANDREA

LA CHIAVE DEL SUCCESSO UMANO: COOPERAZIONE E SOCIETA’
LE DIFFERENZE TRA HOMO SAPIENS E NEANDERTHAL POTREBBERO RISIEDERE  NELLA SOCIETA’ E NELLA  COOPERAZIONE, NON SOLO NELL’ INTELLIGENZA INDIVIDUALE.

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Perché gli esseri  umani hanno preso il controllo del mondo e i Neanderthal si sono istinti?

La risposta potrebbe non essere  legato all’ intelligenza, i Neanderthal avevano  un linguaggio  e strumenti utili, loro facevano arte e gioielli e dimostravano  una notevole intelligenza.

250 000 mila anni fa, l’Europa e l’Asia occidentale erano terre che appartenevano ai Neanderthal, mentre gli Homo sapiens abitavano  il  Sud  Africa. Circa 100 000 anni fa, gli umani moderni migrarono dall’ Africa e, 40 000 anni fa, i Neanderthal si estinsero, praticamente scomparvero dall’Asia e dall’Europa, sostituiti dagli umani. Questo processo di sostituzione suggerisce che gli umani avessero un vantaggio, anche se non è ancora chiaro.

Gli studiosi che un tempo consideravano i Neanderthal come bruti ottusi, oggi, grazie alle nuove scoperte archeologiche, riconoscono la loro intelligenza. Loro sapevano padroneggiare il fuoco, erano cacciatori letali e dimostravano un profondo amore per la natura. Facevano arte, creavano gioielli e avevano una sensibilità  spirituale e artistica, loro seppellivano i morti con fiori e forse praticavano riti religiosi.

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Si pensava che i Neanderthal vivevano in piccoli gruppi, con una media di 20 persone. Questo potrebbe essere stato la causa della loro estinzione.

Gli Homo sapiens  vivevano in grandi gruppi, questo potrebbe aver fornito vantaggi significativi. I gruppi più numerosi avevano più cervelli per risolvere i problemi, una maggiore diversità genetica e idee, questo facilita lo scambio di informazioni e la creazione di conoscenza collettiva.

Questo modello sociale potrebbe aver dato agli Homo sapiens un vantaggio evolutivo consentendo loro di formare strutture sociali sempre più complesse: dalle bande alle tribù, dalle città  alle nazioni, fino alle alleanze. La capacità di cooperare e costruire insieme potrebbe essere stata la chiave del successo umanonel dominare il mondo.

La differenza tra Homo sapiens e Neanderthal potrebbe non essere stata solo a livello individuale, ma soprattutto a livello sociale, evidenziando l’importanza della cooperazione e della condivisione per la sopravvivenza e il successo evolutivo.

Francesco Sgarlato – Kevin Cancemi – Giuseppe De Salvo

Misteriose incisioni rupestri risalenti al 10.000 a.C.

Nella regione del Konkan del Maharashtra, nell’India occidentale, risiedono cinque villaggi che hanno conservato misteriose incisioni rupestri.

Milioni di incisioni sono state riportate alla luce, altre dimenticate e sepolte.

Possiamo immaginarci come vivevano nel passato .

I misteriosi disegni sono gli unici rimasti.

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Esiste un mistero su incisioni rupestri che rappresentano animali come ippopotami e rinoceronti, dato che queste specie non hanno mai popolato la regione.

Gli archeologi continuano a studiare queste opere per cercare di svelare il lato oscuro che le circonda.

La scoperta di queste antiche raffigurazioni potrebbero avere implicazioni significative per la nostra comprensione della storia dell’India occidentale.

Il mistero degli animali esotici nelle incisioni rupestri è un invito a continuare a esplorare e a scoprire i segreti del nostro passato.

Diana Taormina, Viola Di Cara, Giordana Mannanici  e Claudia Polimeni

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Gli archeologi hanno determinato che la civiltà esisteva intorno al 10.000 a.C.

Gli studiosi possono ricostruire aspetti importanti della vita di queste antiche popolazioni .

Nel caso specifico la datazione della civiltà al 10.000 a.C. è stata possibile grazie alla tecnica della stratificazione, consistente nell’analisi dei diversi strati di terreno depositati sopra le incisioni rupestri.

I TATUAGGI DI OTZI, L’ UOMO MUMMIFICATO RITROVATO NEI GHIACCIAI.

Scoperte recenti cambiano le teorie sui tatuaggi di Otzi. Grazie a questo studio sappiamo che gli antichi utilizzavano strumenti in osso e rame, regalando una nuova forma d’arte del tatuaggio. La storia di Otzi, l’uomo mummificato ritrovato nei ghiacciai delle Alpi Venoste, stupisce il mondo scientifico. I suoi resti di oltre 5.000 anni fa non si distinguono solo per lo stato di conservazione eccezionale, ma soprattutto per la presenza di 61 tatuaggi distribuiti sulla schiena, l’addome, il polso sinistro e le gambe. 

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Un gruppo di scienziati e tatuatori hanno replicato diversi metodi di tatuaggi, osservando poi il processo di guarigione per confrontare le tecniche moderne con quelle antiche. Lo studio condotto da Deter- Wolf, l’artista Danny Ridaye il team di esperti ha evidenziato delle metodologie nell’arte dei tatuaggi. Questa ricerca ha portato alla creazione di un datebase per il confronto tra tatuaggi antichi e quelli moderni.

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TECNICHE DI TATUAGGIO SOFISTICATE.

Le motivazioni dei tatuaggi di Otzi non hanno un significato specifico, ma variano da possibili significati spirituali a semplici espressioni estetiche. Il confronto tra i tatuaggi su Riday e quelli di Otzi ha rilevato che i tatuaggi dell’Uomo del Ghiaccio potrebbero non essere realizzati mediante incisioni. Invece, le caratteristiche fisiche dei suoi tatuaggi corrispondono alla tecnica del hand-poking con uno strumento a punta singols. Ciò fa pensare all’utilizzo di punteruoli in osso o rame. Grazie a questa ricerca si riconsidera l’uso degli artefatti nell’età del Rame e del nuovo metodo di realizzazione dei tatuaggi di Otzi.

Claudia Polimeni- Elisa Sanfilippo

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